Che ci fa l’influencer in seminario?

Ha una Lumix GH5, un pc, qualche luce, un microfono, il cavalletto. Attrezzatura semi professionale da videoamatore più che da creatore digitale. 150 mila follower su TikTok, 150 mila su YouTube, 35 mila su Instagram. Alta 1,68. Anni 24; una passione nata a 13 anni scoprendo per gioco un’applicazione su un Ipod, un’app di editing. «Ho iniziato a montare i primi video. Ne ero già una grande fruitrice. Simulavo contenuti di altri ed effettuavo le riprese. Si inizia sempre copiando. È un’arte. Va fatto con intelligenza – ci confida Caterina Rizzi (nella foto in alto durante la lezione tenuta nel Seminario Interregionale Campano) – Era un mondo sconosciuto. Potevo parlarne con pochi. Un giorno abbiamo proiettato un mio video in classe. Si sono messi a ridere. Dopo diversi anni, in quarto liceo, durante l’anno all’estero in Arizona ho frequentato alcuni corsi di editing. Ho chiesto al docente di portare un computer a casa. Quel professore credeva tanto in me. Mi ha prestato un Mac e un video, dicendomi: «Verrò al tuo primo film». Ho preparato un cortometraggio dal titolo “Caterina e Diego show”. È stato un grande successo. Alla cerimonia di fine liceo ho raccontato il mio sogno: “continuare a girare video”».

In Italia torna a giugno. Studia l’estate per recuperare il programma di quarto liceo. Dopo il diploma sceglie il corso di laurea in Discipline dello Spettacolo. «Era centrato sul cinema e sul teatro. Così, dopo un anno, con tre amici ho avviato una realtà di produzione: la Keystone. Ma a 22 anni mi sono ritrovata con lo studio universitario in secondo piano, la società di produzione sciolta». Un momento di forte disorientamento. Nell’aprile 2023 pubblica il primo video su TikTok e ottiene oltre un milione di visualizzazioni. Che cosa stava succedendo?

«Avevo aperto una strada. Un caso di studio. 40 mila follower in 2 giorni. Non solo visualizzazioni. Ero senza fiato. Sui social mancano figure femminili. La mia presenza destava stupore. TikTok è conosciuto per contenuti brevi, divertenti, superficiali. Il mio video, di un minuto, parlava di me. Mi sono raccontata. Un modo per presentarmi, ma in realtà per rifare il punto con me stessa. Il successo? L’autoironia. La usiamo verso gli altri, raramente rivolta a noi stessi. Poi tanto montaggio. Ma al centro c’è la scrittura». Così le si apre un mondo. «Ho preso atto di questa nuova situazione. Diventare famosi sui social apre opportunità: fioccano inviti a eventi, lancio di nuovi prodotti». Ma Caterina ha i piedi per terra: «La fama è tutto e niente. Va e viene». Capisce che c’è una strada. «So che devo fare attenzione a non farne un idolo. Amo vedere il prodotto finale, concretizzare tutte le fatiche, per vederne il senso. Poi amo le persone e questo lavoro mi permette di entrare in relazione con tanti e tornare a casa con tanta ricchezza. Quando ricevo messaggi, mail dopo un video e mi rendo conto che il contenuto passa, ne capisco la portata. Si può disinnescare pregiudizi, essere ponte tra persone e realtà lontane».

Gli elementi del linguaggio Tecnicamente parlando al primo posto c’è la velocità. «I ragazzi pensano di avere poco tempo. Le tendenze cambiano continuamente». Inquadrature ben fatte, ma non solo: «La realtà ha il suo fascino e comunque nel montaggio c’è sempre un filtro che la rielabora». Nella postura sui social Caterina ricorda “la costanza, sapersi reinventare, non prendersela per i commenti”. «Spesso i ragazzi vanno sui social per non pensare. Si guarda quello che l’algoritmo vuole che si guardi. È un momento di relax. Pericoloso, perché di pura passività». La difficoltà è trovare il contenuto che fa riflettere. «È più immediato farsi una risata che pensare. Mi piace far prima ridere e poi toccare temi più profondi. Simulo di far parte di quel mood, poi accompagno verso toni diversi, con leggerezza, ma magari profondità».

In seminario per spiegare il linguaggio dei giovani A marzo ha tenuto un laboratorio sull’uso dei social nel Seminario Interregionale di Napoli per i ragazzi del sesto anno. Stories, video, shorts, reels, script, editing. Ma anche analisi dei rischi e delle potenzialità dei social, breve storia, linguaggio, utilità. Un focus voluto dall’equipe formativa «non per farne dei creatori digitali o degli influencer» spiega il rettore p. Andrea Piccolo, gesuita, «ma per approfondire il linguaggio dei giovani, la sua struttura». «Autenticità, immediatezza sono elementi validi non solo per la comunicazione social – spiega Caterina – Questi strumenti sono generatori d’impatto, innescano relazioni, connessioni. Sono preziosi per la nuova evangelizzazione. Si tratta di ambienti da abitare con equilibrio e contenuti significativi». Guardando al futuro confessa: «Non so dove andremo a livello di linguaggio. È stato tutto così veloce che anche io faccio fatica a stare al passo delle innovazioni. Temo che tutto sfugga di mano. Quel che so ora è che desidero impegnarmi, nei giusti limiti, e raccontare – oltre i trend e le views – la bellezza con la scrittura».

Laura Galimberti