Cattolici ed Ebrei in dialogo su Qoélet

Pochi cattolici italiani sanno che dal 17 gennaio 1990 ogni anno viene celebrata, in questa data, la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Nel 2021 dunque, questo appuntamento compie ben trentun anni.

La scelta della data è molto singolare perché dal 18 al 25 gennaio si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e, quindi, l’incontro con i nostri fratelli ebrei diventa come un “aperitivo” e una memoria permanente di quella che è la «radice santa» del cristianesimo, come ne parla san Paolo nella Lettera ai Romani: «Se le primizie sono sante, lo sarà anche l’impasto; se è santa la radice, lo saranno anche i rami» (11,16).

L’istituzione di questa giornata da parte dei Vescovi italiani fu un gesto di attuazione delle indicazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) nel 25° anniversario della promulgazione della dichiarazione sulla relazione della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate (1965) che parla degli Ebrei al paragrafo n. 4. La giornata venne istituita precisamente il 28 settembre 1989 dal Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana e all’epoca tale evento fu accolto in modo molto positivo dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (www.ucei.it), da molti Rabbini e altre realtà ebraiche.

Ogni anno una commissione mista formata da cattolici ed ebrei individua un tema generale per la Giornata. Dal 1990 al 2005 ogni anno è stato scelto un particolare argomento comune alle due religioni, poi dal 2005 al 2016 per dieci anni si è scelto di approfondire le “Dieci Parole” – cioè i Dieci Comandamenti – uno all’anno. Dal 2017, invece, sono state scelte le Cinque Meghillot (rotoli): nel 2017 è stata la volta del rotolo di Rut, nel 2018 quello delle Lamentazioni, nel 2019 il rotolo di Ester, nel 2020 è toccato al Cantico dei Cantici.

Nel 2021 si chiude questo ciclo con il rotolo del Qoélet. Sono più di quindici anni, dunque, che ebrei e cristiani si incontrano attorno alla Bibbia per mettersi in ascolto comune della Parola di Dio. La scelta di partire dai libri biblici comuni a entrambe le fedi è molto significativa perché ci ricorda in modo inequivocabile che la cultura, la religione, la lingua dalle quali è nato il cristianesimo sono anche quelle ebraiche.

Trent’anni da una parte non sono pochi, ma dall’altra sono veramente un istante, considerando che il legame tra cristiani ed ebrei, essendo costitutivo, è di oltre due millenni! Infatti, solo con la dichiarazione Nostra aetate è avvenuta la grande svolta nelle relazioni tra i figli di Abramo e i discepoli dell’ebreo Gesù di Nazareth. Purtroppo i pregiudizi, le ostilità, le interpretazioni e lo stile dell’incontro con gli ebrei sono stati segnati per secoli dalla violenza, dal disprezzo, dall’emarginazione tanto che quasi in tutte le epoche possiamo rilevare espressioni di antisemitismo.

Dopo secoli di tensioni e scontri, dunque, il fatto di ritrovarsi ufficialmente almeno una volta all’anno per celebrare l’incontro e il dialogo appare, in fin dei conti, come un piccolo grande miracolo da custodire e promuovere con convinzione. Il 17 gennaio 2021, il libro di Qoélet sarà il “luogo di incontro” di quest’anno. Si tratta di un testo molto graffiante, duro, assai provocante, che continua a interrogare i suoi lettori. Si può restare turbati da alcune espressioni forti di questo libro biblico. «Vanità delle vanità: tutto è vanità», questo è il secondo versetto!

Qoélet offre una meditazione cruda sull’esistenza umana mettendone in luce tutte le sue incrinature, la finitudine e la provvisorietà di ogni esperienza. Qoélet è stato un testo amato da molti pensatori, anche atei, ma che ritrovavano dense di saggezza le sue parole. La logica del ragionamento è ferrea, non lascia scampo a divagazioni, quasi stretta in una necessità indistruttibile che viene colta nel concatenarsi delle vicende umane tra saggezza e stoltezza, piacere e fatica, gioie e dolori. «Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo», ecco il celebre inizio del terzo capitolo.

Qoélet è un testo “poco ebraico”, potremmo dire, perché ci presenta un approccio alla realtà con accentuazioni particolari rispetto alla maggior parte dei libri biblici. Emerge spesso uno “spirito greco”, un po’ tragico, malinconico, quasi cinico e a tratti un po’ pessimistico. Qoélet è un testo che “inchioda”, che costringe a fermarsi, a riflettere, ad andare in profondità.

Ci auguriamo che il comune ascolto di Qoélet aiuti cristiani ed ebrei a incontrarsi ancora di più e a essere disponibili alla conversione. Infatti «temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo. Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male», ecco la conclusione del libro (Qo 12,13-14).

 

don Giulio Osto