“Casa Madre Teresa”: dove ci si sente amati

casa madre teresa sant antonio

Quando la diocesi di Padova decise di intitolarle una sua Opera di carità, Madre Teresa di Calcutta non era nemmeno beata. La storia della struttura denominata “Casa Madre Teresa di Calcutta” – che oggi è un Centro Polifunzionale dell’Area Anziani dell’Opera della Provvidenza Sant’Antonio (OPSA) dedicato all’accoglienza delle persone con deterioramento cognitivo – inizia infatti nel 1998 quando la Diocesi, in vista del Giubileo del 2000, decide di segnare il passaggio al nuovo Millennio con un segno di carità.

Si sceglie di dare sollievo ai malati di Alzheimer e ai loro familiari e viene quindi elaborato un progetto che prevede la presa in carico globale e longitudinale del paziente. Si cerca di dare risposte differenziate a seconda delle varie fasi della malattia, da quelle immediatamente successive alla diagnosi fino a quelle più avanzate, accompagnando il malato e la sua famiglia lungo tutto il percorso della malattia. Nessun aspetto della persona viene trascurato: da quello sanitario, riabilitativo, assistenziale, fino a quello psicologico di supporto e di formazione alle famiglie.

Oggi al suo interno sono possibili sia un percorso di semi-residenzialità che uno di residenzialità. Dopo la fase di progettazione, durante l’intero Anno del Giubileo 2000 viene presentata l’iniziativa e sostenuta da comunità parrocchiali, famiglie, istituzioni pubbliche e private. È proprio in questa fase che si inserisce anche l’Associazione Universale di Sant’Antonio. Nello stile che da sempre la caratterizza, che è quello del suo fondatore don Antonio Locatelli e ancora prima di Sant’Antonio, si fa prossima alle necessità e contribuisce concretamente con impegno e attenzione. Come sempre la generosità non è mancata, consegnata periodicamente al responsabile della struttura. Il 10 settembre 2005 viene benedetta la struttura e il 13 settembre inaugurata ufficialmente.

L’anno successivo arrivano i primi ospiti al centro diurno e poi nel 2008 si attiva anche il centro residenziale. La struttura è stata progettata avendo in mente già la sua dedicazione e concepisce, fin dal pensiero originario, l’ambiente come luogo di vita, di relazione, di autonomia. Oggi il centro è suddiviso in quattro nuclei: due Centri diurni e due Nuclei residenziali. I due Centri Diurni, di venti posti ciascuno, hanno caratteristiche specifiche e giardino riservato (uno dedicato alle fasi lievi moderate della malattia e l’altro alle fasi più avanzate). I due nuclei residenziali invece condividono ampi spazi per muoversi, i laboratori, il giardino d’inverno e il giardino esterno e accolgono 34 persone nella fase moderata della malattia. Perché furono scelti proprio i malati di Alzheimer?

La diocesi e i suoi organismi consiliari si erano chiesti quali fossero, in quel momento alla fine degli anni ’90, gli “ultimi degli ultimi”, per seguire l’esempio di Madre Teresa. I malati di Alzheimer, che con il progredire della malattia smarriscono il pensiero, perdono la gestione di sé, la capacità di relazionarsi, di riconoscere il volto familiare, rappresentavano una fragilità indifesa. Persone che non guariscono dalla loro malattia, ma non per questo debbono essere dimenticate. Oggi l’attenzione è sempre più rivolta all’ospite, ai suoi familiari e a chi si prende cura del paziente stesso.

Proprio per questo sono stati istituiti corsi per familiari e assistenti, per preparare a comprendere e ad accogliere le persone malate, per elaborare il cosiddetto “lutto ambiguo”, quando cioè si parla di “perdita” con la forma e le caratteristiche del lutto, ma non c’è l’assenza definitiva della persona. All’interno della struttura si manifesta una quotidiana attenzione ai bisogni di ogni ammalato, cercando di individuare per ciascuno le strategie più idonee al fine di soddisfare i suoi bisogni, non solo assistenziali, ma anche esistenziali e spirituali.

È stato aperto anche un Centro di ascolto Alzheimer, diventato punto di riferimento per le persone che si prendono cura di questi malati. Ciò che nel tempo invece non cambia, ma resta una costante, è lo stile della Casa, che è quello di madre Teresa: non un ospedale, ma una Casa in cui gli ospiti vengono amati. “Casa Madre Teresa” è un luogo per alleviare le solitudini e le sofferenze, un luogo dove Provvidenza e Carità sono i due pilastri sui quali poggia questa struttura, nata dalla consapevolezza che per provvedere alle necessità dei fratelli fragili e in difficoltà oggi Dio si serve delle nostre mani e del nostro cuore. Proprio come fece Madre Teresa di Calcutta, una matita nelle mani di Dio.

Lodovica Vendemiati