Anno 136 - Maggio 2024Scopri di più

S. Antonio Italiano MAGGIO 2024_01
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Ragazzo nel cuore, adulto nella fede

suor Marzia Ceschia

domenico savio

Sebbene la memoria liturgica sia stata fissata in marzo, la famiglia salesiana e le diocesi piemontesi celebrano il 6 maggio la santità di Domenico Savio (1842-1857), dato che l’anniversario della morte coinciderebbe col tempo di quaresima. La personalità di questo giovanissimo santo può sembrare distante dal nostro tempo, eppure ripercorrere la sua vita ci provoca soprattutto a saper cogliere, ascoltare, accompagnare le aspirazioni più profonde dei bambini e dei giovani. Ci preoccupiamo di consegnare loro delle vie, dei modelli all’altezza dei loro sogni?

Domenico nasce a Riva, una frazione di Chieri (TO), il 2 aprile 1842, secondogenito di dieci fratelli. Il padre, Carlo, è fabbro e la madre, Brigida, è sarta. Una famiglia semplice, ma profondamente cristiana nella quale trascorre un’infanzia serena, distinguendosi fin da piccolo per un particolare senso religioso e per una precoce maturità spirituale. A sette anni, in anticipo rispetto alle consuetudini del suo tempo, riceve la prima comunione in occasione della quale si impegna in quattro propositi: la confessione frequente e la comunione ogni volta che ne dia licenza il confessore; la santificazione dei giorni festivi; l’amicizia con Gesù e Maria; la morte, ma non il peccato.

Ci stupisce che un ragazzino di quell’età abbia già così chiaro un suo progetto di vita, rispetto al quale si mantiene sempre coerente. A 12 anni è accompagnato all’oratorio di don Giovanni Bosco a Torino per studiare. I due futuri santi si incontrano per un iniziale colloquio di conoscenza alla fine del quale don Bosco – alludendo anche al mestiere di sarta della madre di Domenico – riconosce nel ragazzo una “buona stoffa”. Da parte sua il giovane chiede proprio a don Giovanni di essere “il suo sarto”, di prenderlo con sé e di aiutarlo a fare un bell’abito per il Signore. Le sue singolari doti di umanità e di pietà non sfuggono a don Bosco, che rimane impressionato della continua tensione alla santità e lo invita a perseguirla coi mezzi dell’allegria, della fedeltà nello studio e nella preghiera, del bene assiduamente compiuto nei confronti degli altri.

Si tratta dunque di valorizzare dimensioni quotidiane, che anche ai nostri ragazzi possiamo insegnare a guardare come “materiali” per costruire bellezza (ma forse prima dobbiamo noi adulti averne consapevolezza e convinzione!). Domenico – e anche in questo la sua testimonianza ci è di sprone – non intende farsi santo da solo! Non ha in mente una pietà autoreferenziale! Ha l’idea di costituire nel 1856 un gruppo di ragazzi per fare del bene insieme, per aiutarsi reciprocamente a migliorare, a compiere un apostolato di amicizia nei confronti dei loro coetanei: nasce la Compagnia dell’Immacolata (nel 1854 era stato definito il dogma), sostenuta da don Bosco e anche provvista di un piccolo regolamento.

Ogni socio in particolare aveva il delicato incarico di fare da angelo custode ai ragazzi più difficili, cercando col proprio atteggiamento di ricondurli sulla buona strada. Non mancano nell’esistenza di Domenico doni di grazia speciali, visioni e intuizioni di cui preferiva per umiltà tacere. Allo scoppio di un’epidemia di colera, don Bosco chiese la disponibilità dei giovani del suo oratorio che lo volessero a prestare soccorso agli ammalati: tra gli aderenti alla proposta c’era anche Domenico. Fisicamente gracile e di salute già cagionevole, si ammalò di tubercolosi e dovette tornare in famiglia dove morì, non ancora quindicenne, il 9 marzo 1857.

Il suo primo biografo fu proprio san Giovanni Bosco che scrisse la Vita del giovanetto Savio Domenico, allievo dell’Oratorio di San Francesco di Sales, la quale nel 1878 era già alla sua quinta edizione. «Piccolo, anzi grande gigante dello spirito», lo definì papa Pio XI.