Arrivati a Fiumicino 152 profughi afgani. “Accogliere è possibile e c’è un’Italia pronta a farlo”

profughi afgani

I bambini sono tantissimi, 62, circa la metà dei 152 profughi afghani arrivati questa mattina a Fiumicino con un volo da Islamabad, in Pakistan. “Viva l’Italia”, gridano festosi. Ed è una festa quella che si è svolta questa mattina all'aeroporto di Fiumicino. Ad accoglierli ci sono  tutte le realtà che hanno reso possibile questo corridoio umanitario: la Conferenza Episcopale Italiana (attraverso Caritas Italiana), Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Arci, Iom, Inmp e Unhcr d’intesa con i ministeri dell’Interno e degli Esteri. Tante single, tante realtà diverse che ora sul territorio si daranno da fare per seguire queste donne e questi bambini in un percorso di integrazione: per i minori attraverso l'immediata iscrizione a scuola e per gli adulti, subito con l’apprendimento della lingua italiana e, una volta ottenuto lo status di rifugiato, l'inserimento nel mondo lavorativo.

La stragrande maggioranza – spiega Daniele Albanese che per Caritas Italiana si occupa dei corridoi umanitari - sono persone ad altissimo rischio e sono dovute scappare dall’Afghanistan ma anche dal Pakistan dove la presenza talebana è forte anche in quel paese. Tra queste donne e questi uomini arrivati oggi in Italia, c’è chi è attivista per diritti umani, chi ha lavorato per organizzazioni internazionali. Ci sono medici, magistrati. Tutti profili che in questi anni hanno lavorato per l’emancipazione delle donne o per un sistema democratico e che adesso non hanno più la possibilità di vivere in sicurezza nel paese. Ci sono addirittura giudici che hanno giudicato i talebani stessi negli anni passati. Persone che hanno lavorato a fianco delle donne vittime di violenza.

Le situazioni sono variegate ma tutte compongono quella realtà di popolo che si è attivamente impegnato a costruire un Afghanistan diverso e che oggi purtroppo è costretto a fuggire. “La situazione ogni giorno peggiora”, fa sapere in perfetto italiano Hasibullah Aziri, 25 anni, afgano dal 2017 in Italia. “La gente sta morendo di fame, l’economia è quasi a zero. I diritti umani non esistono più. Le donne non possono uscire. Le ragazze non possono frequentare le scuole. L’unico futuro possibile oggi è uscire dal nostro paese ma per tutti gli afgani che sono andati via, il sogno è lo stesso: che possa arrivare il giorno in cui sarà possibile tornare nel nostro paese e poter vivere nella pace. E’ anche il mio sogno, tornare a casa mia”.

“I corridoi umanitari lanciano un messaggio che è possibile trovare vie di accoglienza legali e in sicurezza”, dice mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei. “Non è possibile che chi fugge o chi ha bisogno di una vita dignitosa, venga affidato a mani delinquenti e criminali, a mani che sfruttano la sofferenza dell’uomo per interessi economici. Il fenomeno è globale. Globale deve essere anche la sua gestione”.  I profughi arrivati oggi verranno accolti in diverse regioni e avviati subito verso l’integrazione. Tutta questa azione dimostra – fa notare il segretario generale della Cei – che “l’Italia è pronta ad accogliere.

Abbiamo segnali confortanti che ci dicono che le chiese sono pronte ad accogliere, sviluppano un’azione non soltanto di accoglienza ma anche di integrazione, dando la possibilità di inserirsi attraverso per esempio l’insegnamento della lingua italiana, indicando strade di inserimento nel mondo del lavoro e scolastico”. Riguardo invece alle responsabilità dell’Europa, mons. Baturi ripete quanto più volte segnalato anche da Papa Francesco: “è necessario che sia un’azione sinergica, che deve essere portata a livello europeo. Però ciascuno faccia la propria parte. Non è possibile non fare dei passi in attesa che lo facciano gli altri. Facciamoli tutti. Il nostro rapporto con l’Europa deve essere di dialogo, perché un’azione accogliente non può che essere un’azione di tutti”.

“La fase di sperimentazione è finita. I corridoi umanitari possono essere una proposta italiana a tutta l’Europa per evitare le morti in mare e i trafficanti di esseri umani”, dice Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. “I corridoi umanitari – aggiunge - hanno dimostrato con grande chiarezza che accoglienza e integrazione si possono coniugare perché le persone giunte finora in Italia sono tutte perfettamente integrate. Ne abbiamo bisogno, ne ha bisogno la nostra economia, le nostre famiglie, quindi chiediamo all’Europa di strutturare questo sistema per allargarne i numeri e le motivazioni”. “Questo è il grido che vogliamo lanciare alla politica italiana ed europea”, sottolinea Libero Ciuffreda, membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. È possibile ciò che a volte fanno apparire impossibile.

È possibile accogliere in maniera programmata e coordinata, un’accoglienza dove le persone si guardano negli occhi, si stringono le mani e insieme camminano. Buon cammino a tutti noi”. Complessivamente, con questo sistema, grazie a una rete di accoglienza diffusa, sono giunti in Europa oltre 5.300 rifugiati, ai quali si aggiungono oltre 1800 cittadini ucraini, accolti dalla Comunità di Sant’Egidio in diversi Paesi europei. Nei prossimi giorni sono previsti altri arrivi a Roma dal Libano e dalla Libia.

 

M. Chiara Biagioni
Agensir