24 marzo: Giornata di preghiera e digiuno per i martiri missionari

Un filo ideale lega il 24 marzo di ogni anno al 24 marzo 1980: la celebrazione annuale di una Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri ha preso ispirazione dal martirio, in quella data, di mons. Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador. Non unico, purtroppo!

Ogni martirio, ogni uccisione, ogni assassinio porta con sé il sapore amaro della prevaricazione, dell’ingiustizia, dell’arbitrio, delle peggiori realizzazioni umane. E porta con sé la frase illuminante di Gesù sulla Croce: “non sanno quello che fanno”. Il ripetersi fin troppo frequente di episodi di martirio tra i missionari e tra i cristiani rinnovano dolore, smarrimento, talvolta anche paura e rabbia. Eppure ogni martirio cristiano appartiene alle “beatitudini” di Gesù: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11). La beatitudine è certamente proclamata di fronte a Dio e a favore del singolo martire, ma non vi resta estranea per la comunità che si sente privata di un fratello, di una sorella.

Difficile pensare di essere “beati” in quei frangenti. Però sul seme di Romero, come su quello dei martiri cristiani antichi o contemporanei, ogni comunità cristiana ha ritrovato anzitutto il senso profondo della vita secondo il Vangelo e spesso il coraggio di una memoria attiva, non rassegnata, capace di continuare il cammino con uno slancio migliore.

Il tema che è stato scelto quest’anno, Per amore del mio popolo non tacerò (cfr. Is 62,1), è ispirato proprio alla testimonianza di Oscar Romero, el santo de America, e vuole esprimere la piena consapevolezza che amare Dio significa amare i propri fratelli, significa difenderne i diritti, assumerne le paure e le difficoltà.
Per amore del mio popolo non tacerò significa agire coerentemente alla propria fede. In quanto cristiani, discepoli missionari, portatori della Buona Notizia di Gesù non possiamo tacere di fronte al male. Farlo significherebbe tradire il mandato che ci è stato affidato.