Su YouTube ha oltre 680 mila iscritti, 2,592 video e oltre 160 milioni di visualizzazioni. Non è un calciatore né un cantante. Si chiama Fabio Vetro, 60 anni, di Modena, insegnante di musica alla scuola media statale della città. Un puro divertimento per lui, non monetizzato, e tra i banchi di scuola una metodologia davvero coinvolgente. Flauto dolce, ma anche ukulele, chitarra e tastiera. «Cantare, ma anche suonare uno strumento, permette all’alunno di essere interprete di serenità – afferma Fabio – Io cerco di farglielo fare spaziando tra i repertori, perché ogni forma di espressione musicale ha suoi estimatori e quindi non ha senso escluderla, soprattutto nei tre anni di musica in una scuola media. La cosa importante è far fare ai ragazzi quello che sanno fare. È una questione di armonia, anche nel senso di “stare insieme con gioia”. La musica è divertimento e gli insegnanti devono preoccuparsene. La musica vista come performance crea frustrazione. Io stesso, quando sono uscito dal Conservatorio, non ho più voluto toccare il flauto traverso per dodici anni».
Il flauto dolce contro la depressione «La musica mi ha salvato la vita, è diventata non solo la mia passione, ma la mia più forte valvola di sfogo. La depressione è diventata una latente compagna di viaggio nel corso dei miei ultimi 20 anni. Non sono mai riuscito a decifrarla, comprenderla. Semplicemente, a un tratto, qualsiasi persona o situazione diventano in bianco e nero». Tutto inizia negli anni ’80 con un piccolo errato intervento chirurgico all’addome, che cambia per sempre il significato della parola corpo. «Avevo sempre tenuto in massima considerazione la forma fisica. Dopo quell’evento ho iniziato a non riconoscermi più. Non potevo essere io quello che andava in lacrime dal medico che aveva effettuato l’intervento e dal quale mi sentivo dire: “I suoi unici problemi lei li ha nella sua testa”. A quell’intervento ne seguirono altri 8 in 6 anni per cercare di rimetter in sesto la figura che non riconoscevo più allo specchio. Da uomo di 90 chili, appassionato di sport, sempre in movimento, mi trovai a dover gestire un’ombra di 48 chili. Poi un medico mi disse: “Dovresti fare la domanda per una pensione d’invalidità”. Per assurdo quella fu la scintilla... Era questa la mia vita?».
La lenta risalita «Nel momento peggiore è iniziata la mia risalita. Il dolore ti rende affamato di salvezza, e quando hai fame, quella fame feroce che ti toglie il respiro, sei una belva, esisti tu e nessun altro. Ho cominciato a fare due cose: musica e ginnastica, che sono divenute le mie stampelle. La musica, è una medicina incredibile che non ha controindicazioni, ma sentirla non basta, a me perlomeno non bastava. Io dovevo entrare nei suoni. Il mio corpo mi permetteva due posizioni o in piedi o sdraiato, stare seduto era ed è un vero problema. Scoprii il flauto dolce, 8 euro di semplicità, ogni dito che alzi sali di una nota, proprio come un pianoforte, ma lo puoi suonare ovunque tu sia, in qualsiasi posizione, senza alcuno sforzo. Ci vuole il desiderio di entrare in un mondo impalpabile, ma così forte da trascinarti via con sé in una sorta di magico volo che, chi non prova, non può capire. Esattamente come il dolore non è comprensibile o realmente spiegabile, la musica è qualcosa che ti porta via con sé, ma il viaggio sei tu che lo decidi, sia la partenza che l’arrivo, che la durata. Con questo semplice strumento posso spostarmi velocemente passando dall’antica Grecia con l’epitaffio di Sicilo, al gregoriano, alla classica, al balletto, passando per la sinfonica, il pop, il liscio, alla musica folk, la musica melodica italiana, il rock. È un linguaggio, ti permette di entrare in contatto anche con chi si esprime con lingue che non capirai mai. Quando l’oscurità talvolta riappare senza motivo, la combatto con tutti questi amici di altri paesi e di altre epoche, loro mi accompagnano e mi rimangono accanto, mi distraggono con le loro voci; l’oscurità passa, loro restano». A scuola insegna tastiera, chiedendo a ciascuno quel che è nelle sue corde. «Amo camminare per ore, correre e andare in bicicletta, viaggiare, dormire poco. Amo gli sport da combattimento senza capire il perché, dato che sono una persona pacifica. Amo leggere tutto e divulgare il flauto dolce, “risparmioso incantevole strumentino”. Ogni passione ti prende per ore: in classe come a casa. Se ami quel che fai, sei felice di condividerlo. La musica è condivisione, vita. Così anche la mia vita è divenuta condivisione».
Laura Galimberti